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Viaggio di vino 6: riconoscere i sapori del vino – Sapidità

Viaggio di vino è la nostra rubrica di degustazione curata da un sommelier di eccezione – Antonio Currò – che con maestria e passione ci accompagna verso un nuovo modo di sentire profumi e aromi. Di tutti vini e in particolare delle nostre etichette. Il sesto appuntamento lo dedichiamo ancora all’esame gustativo – come si riconoscono i sapori del vino – e questa vota ci focalizziamo sulla sapidità, interpretata al meglio dal nostro Barbazzale Bianco.  

Continuando nella nostra degustazione, ci imbattiamo adesso in due microsensazioni saporifere, sapidità ed amarezza. Le papille gustative fungiformi di cui abbiamo parlato in precedenza quali recettori della dolcezza, sono altresì interessate nella percezione della sapidità, nella parte media inferiore della lingua. Le papille caliciformi o circumvallate, sono dislocate alla base della lingua, formando una V capovolta, hanno forma simile ad un calice, presenti in numero inferiore rispetto alle precedenti, contengono anch’esse dei bottoni gustativi e sono i recettori dell’amarezza.

Tra i componenti responsabili della struttura del vino si trovano alcune sostanze minerali, cloruri, solfati, fosfati, che intervengono a livello gustativo, determinando la sapidità. Quest’ultima viene considerata tra le durezze del vino, ed esprime una piacevole e leggerissima mineralità, che provoca salivazione limacciosa e filante. Per percepire una spiccata sapidità è sufficiente mettere in bocca un po’ di sale.

Un’altra microsensazione che fa parte delle durezze del vino è l’amarezza, determinata prevalentemente dai tannini, da fenoli e polifenoli. Se si avverte una piacevole sensazione amaricante nel retro bocca, può essere una situazione normale, saremo di fronte ad un’anomalia qualora ci trovassimo di fronte a una forte sensazione amara, simile alla china. Per percepire diversi tipi di amarezza può bastare assaggiare del cacao amaro o della polvere di caffè o proprio un estratto di china.

Il terreno lavico-alluvionale nel quale sono coltivate le uve del Barbazzale bianco conferisce a questo vino delle belle note minerali percepibili sia al naso che al gusto. Giallo paglierino intenso, al naso si scoprono sensori di pesca noce, fiori bianchi, timo, acacia, agrumi ed appunto iodio. Bocca scorrevole, marcata da una buona freschezza e vitale sapidà, finale avvolgente e delicatamente salmastro. Degustato il 18 febbraio 2021

Antonio Currò

La sua formazione professionale da sommelier inizia in Francia, tra l’Aquitania e la Borgogna, ricoprendo vari ruoli in alcune “maison du vin” ed in ristoranti gourmet. Prima di tornare nella sua Taormina, dove dirige lo stellato “Casa Grugno” per 10 anni, trascorre diverso tempo nel Regno Unito come consulente enologico di alcune compagnie ristorative. Si trasferisce a Torino per 2 anni per la riapertura del ristorante del Cambio collaborando con lo chef Baronetto. L’amore per la propria terra e soprattutto il coinvolgimento dello chef Ciccio Sultano lo vedono oggi attore nel grande progetto del ristorante Duomo, dove ricopre il ruolo di head sommelier.